Di Valentina Penati
L’errore è qualcosa da evitare.
L’errore deve essere punito.
L’errore comporta necessariamente un giudizio negativo su di sè.
In un’epoca votata al successo e al risultato “tutto e subito” l’errore, semplicemente, non è ammesso. E con questa convinzione molti di noi sono cresciuti e buona parte dei ragazzi di oggi sta crescendo.
Fin dalla scuola viene segnalato l’errore con la minacciosa penna rossa, spesso omettendo la spiegazione dell’errore stesso o dimenticando di fornire gli strumenti perchè non si commetta più quello sbaglio. Hai sbagliato e te lo segnalo, punto. Con la penna rossa, che risalta di più.
Pretendiamo di saper fare bene e subito qualsiasi cosa e quando commettiamo uno sbaglio lo viviamo come una tragedia, non concedendoci e non concedendo la legittima possibilità di sbagliare. Ma non perchè non c’è stato impegno, ma perchè l’apprendimento è questo. L’apprendimento è passare attraverso gli errori, le cadute e le battute d’arresto. Come sarebbe possibile apprendere se non si facessero errori? Dal momento che non nasciamo conoscendo e sapendo fare già tutto, e che anche quando pensiamo di conoscere e saper fare tutto siamo solo all’inizio (un certo Socrate diceva “So di non sapere”), l’errore rappresenta l’occasione per confrontarsi con ciò che ancora non si padroneggia.
Fattore positivo
L’errore segnala che una certa cosa non la conosco o non la so fare, ma questo non significa che sono inchiodato lì nella mia incompletezza. L’errore mi segnala che c’è uno spazio di apprendimento e di crescita. Qualcuno ora potrebbe dire “ok, ma sbagliare perchè non sai o non sai fare una cosa è un conto, ma sbagliare per distrazione o mancanza di concentrazione è un altro discorso!”. Vero, qualitativamente sono errori diversi ma in entrambi i casi c’è un vuoto di competenza. L’errore commesso per distrazione ci dice che quella persona ha margini di miglioramento sulla concentrazione e sull’attenzione sostenuta e su quello si può lavorare.
Dire a un ragazzo, un atleta ad esempio, “hai sbagliato quel passaggio perchè non sei stato attento, sei sempre il solito distratto” non è in alcun modo informativo. Nè lascia spazio alla crescita e, anzi, suona come una bella ramanzina. Dire invece “hai sbagliato quel passaggio perchè hai avuto un calo attentivo. Dobbiamo lavorare sulla tua attenzione, per renderla continua tutto il tempo della prestazione” è un feedback che ha tutt’altro sapore e apre alla possibilità di una crescita piuttosto che appiccicare l’etichetta di “disattento”.
I nostri migliori amici
Non poter sbagliare perchè, come dicevamo, l’errore non è ammesso, genera una pressione schiacciante che non fa altro che condurre a un fallimento della prestazione. Questo tipo di approccio, votato all’evitamento dell’errore, innesca un circolo vizioso improduttivo che porta a una focalizzazione su ciò che non va fatto ma che non da’ alcun tipo di orientamento su ciò che invece va fatto. Ripetersi “non sbagliare, non sbagliare, non sbagliare” agisce a livello emotivo incrementando i livelli di arousal e a livello cognitivo portando l’attenzione esattamente laddove non deve andare (e cioè sull’errore) distogliendola da ciò che invece va fatto. Siccome Emozione + Pensiero = Comportamento, allora eccessivo arousal + pensiero disfunzionale = comportamento improduttivo.
Meglio dunque accogliere gli errori come parte del processo piuttosto che evitarli o scacciarli, e farli diventare i nostri migliori amici, perché hanno molto da insegnarci.
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